Carissimi bambini, ragazzi, genitori e insegnanti del “Santa Teresa”,
com’è ormai una bella e consolidata tradizione, il nostro percorso educativo e didattico sarà sostenuto e guidato dalla proposta pastorale salesiana, che c’invita a riflettere su una dimensione fondamentale della vita: Dio Padre ci ha pensati da sempre e affida a ciascuno di noi un compito speciale, unico per la vita del mondo… ognuno è necessario per portare dappertutto il suo messaggio d’amore, di pace e di misericordia! Non siamo nati per caso e tutti abbiamo una missione speciale da svolgere per la vita degli altri. Lo slogan che ci accompagnerà è “Io sono una missione”, #perlavitadeglialtri.
Penso però che una storia ci possa aiutare a capire meglio come mettersi in gioco per la vita degli altri e mi faccio aiutare dalla storia “I due palloni” di Bruno Ferrero.
Due palloni erano usciti dalla fabbrica lo stesso giorno, erano finiti nello stesso sacco e portati nello stesso grande magazzino. Uno era rosso e uno era blu. Avevano fatto amicizia e così furono felicissimi di essere comprati dalla stessa persona. Finirono in un oratorio, dove sembrava che un’orda di ragazzi non stesse aspettando altro che prenderli a calci. Lo facevano tutto il giorno, con un entusiasmo incredibile. I due palloni volavano, rimbalzavano, sbattevano, facevano gol, venivano parati, sbucciati, infilati nell’angolino alto e basso, crossati e colpiti di testa… Una vera battaglia quotidiana. Alla sera si ritrovavano nello stesso armadio, pesti e ammaccati; la loro bella vernice brillante, le inserzioni bianche e nere, la scritta rossa, si stavano rapidamente screpolando. “Non ne posso più!” si lamentava il pallone blu: “Non è vita questa! Presi a calci dalla mattina alla sera…Basta!” “Che vuoi farci? Siamo nati palloni” ribatteva il pallone rosso. “Siamo stati creati per portare gioia e divertimento”. “Bel divertimento! Io non mi diverto proprio… E ho già cominciato a vendicarmi: oggi sono finito appositamente sul naso di un ragazzo e l’ho fatto sanguinare. Domani farò un occhio blu a quel tipo che mi sbatte sempre contro il muro!”, incalzava il pallone blu. “Eppure siamo sempre al centro dell’interesse. Basta che compariamo noi e il cortile si anima come per incanto. Credimi: siamo un dono dall’alto alla gioia degli uomini”, rispondeva ancora il pallone rosso. Passarono i giorni, e il pallone brontolone era sempre più scontento. “Se continuo così, scoppio!” disse una sera. “Ho deciso: domani sparirò. Ho adocchiato un tetto malandato, sul quale nessuno potrà salire a cercarmi. Mi basta un calcione un po’ deciso…”. E il pallone blu così fece. Riuscì a finire tra i piedi di Adriano, detto Bombarda, per i suoi rinvii alla “Viva il parroco!”, e un poderoso calcione lo scagliò sul tetto proibito del caseggiato prospiciente il cortile dell’oratorio. Mentre volava in cielo, il pallone blu rideva felice: ce l’aveva fatta! I primi tempi sul tetto furono una vera pacchia. Il pallone blu si sistemò confortevolmente nella grondaia e si preparò a una interminabile vacanza. “Ho chiuso con i calci e le botte”, pensava con profondo compiacimento, “nel mio futuro non ci saranno che aria buona e riposo. Aaaah, questa è vita!”. Ogni tanto, dal tetto, sbirciava in giù e guardava il suo compagno scalciato a più non posso dai ragazzi del cortile. “Poverino”, bofonchiava, “lui prende calci e io me ne sto qui a prendere il sole, pancia all’aria dal mattino alla sera”.
Un giorno, un calcio possente glielo mandò vicino. “Resta qui!”, gli gridò il pallone blu. Ma il pallone rosso rimbalzò sull’orlo della grondaia e tornò nel cortile. “Preferisco i calci!”, rispose. Passò il tempo. Nella grondaia il pallone blu si accorse che sole e pioggia lo avevano rapidamente fatto screpolare e ora si stava gradatamente sgonfiando. Divenne sempre più debole, tanto che non riusciva più nemmeno a lamentarsi. Del resto, non gliene importava molto: sempre solo, lassù, era diventato triste e depresso. Così una sera esalò un ultimo soffio. Proprio in quel momento, il pallone rosso veniva riportato nell’armadio da due piccole mani. Prima di finire nel cassetto buio, sentì una voce che gli diceva “Ciao, pallone ci vediamo domani”. E due labbra sporche di Nutella gli stamparono un bacione sulla pelle ormai rugosa. Nel suo cuore leggero come l’aria, il pallone si sentì morire di felicità. E si addormentò sognando il paradiso dei palloni, dove gli angioletti hanno piedini leggeri come nuvole.
Ecco, ogni giorno abbiamo un sacco di possibilità di attivarci e metterci in moto “perlavitadeglialtri”, perché siamo tutti figli e figlie di un solo Padre. Allora, cosa aspettiamo a scoprire il nostro ruolo speciale per la vita del mondo? È una missione impegnativa, ma sicuramente adatta a ciascuno di noi, basta aprire la mente e, soprattutto, il nostro cuore.
Buon cammino e buon anno a tutti voi!
Sr Cristina